Sanzione disciplinare al lavoratore inadempiente: ricorso inammissibile
Con ordinanza n. 17065 del 25 giugno 2025, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un dipendente pubblico contro una sanzione disciplinare conservativa irrogata dall’INPS.
La vicenda trae origine da una contestazione disciplinare notificata nel settembre 2016, con la quale l’Istituto addebitava al lavoratore diverse irregolarità nella gestione di pratiche di riscatto contributivo. Le contestazioni riguardavano, tra l’altro, la lavorazione di domande non di competenza territoriale della sede in cui operava, e la definizione favorevole di istanze non corredate da documentazione idonea.
La decisione della Cassazione: responsabilità personale nelle procedure
Il dipendente, inquadrato come funzionario, aveva impugnato la sanzione di sospensione per tre mesi dal servizio e dalla retribuzione, chiedendo il reintegro economico e la regolarizzazione della posizione contributiva.
A fondamento del ricorso, l’interessato sosteneva l’assenza di colpa, affermando di aver agito sotto la supervisione dei superiori gerarchici, e contestava l’attribuzione della responsabilità in quanto non titolare del procedimento, ma semplice esecutore della fase istruttoria.
Il Tribunale di Roma, prima, e la Corte d’Appello, poi, avevano respinto le istanze, ritenendo fondate le accuse mosse dall’Amministrazione e confermando la legittimità della sanzione.
Nel ricorso per Cassazione, il lavoratore denunciava l’erronea applicazione degli artt. 4, 5 e 6 della legge n. 241/1990, ribadendo la sua estraneità alle responsabilità procedurali. In particolare, lamentava che l’INPS gli avesse addebitato irregolarità pur non essendo formalmente il responsabile del procedimento, appellandosi anche a norme interne come la circolare INPS n. 183/1990 e il Messaggio Hermes n. 23295 del 2006.
La Suprema Corte ha tuttavia ritenuto inammissibile il ricorso. Secondo i giudici, il provvedimento impugnato si è fondato su una motivazione coerente e logica: il lavoratore è stato ritenuto responsabile della fase istruttoria di sua competenza, essendo le irregolarità direttamente connesse alle sue mansioni.
L'argomentazione della Cassazione si inserisce in un principio generale della responsabilità procedimentale: nelle attività articolate in più fasi e affidate a più soggetti, ciascun partecipante risponde degli inadempimenti relativi al proprio segmento operativo.
La Corte ha inoltre ricordato che l'esistenza di una funzione di controllo gerarchico – richiamata nella circolare INPS n. 178/2003 – non esonera l’operatore amministrativo dall'obbligo di svolgere i compiti affidati con diligenza e nel rispetto delle norme. Non è quindi possibile invocare la responsabilità dei superiori per escludere la propria, salvo casi di condotta conforme e diligente che nel caso in esame non sono stati riscontrati.
Conseguenze giuridiche e contributo unificato
Pur essendo intervenuto nel frattempo un licenziamento definitivo (Cass. n. 5614/2023) per ulteriori irregolarità su altre pratiche, la Cassazione ha riconosciuto la persistenza dell’interesse ad agire da parte del lavoratore. Infatti, l’annullamento della sanzione conservativa avrebbe potuto generare un diritto alla restituzione delle retribuzioni trattenute per i mesi di sospensione.
Comunque il motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile anche perché, secondo i giudici, si trattava sostanzialmente di una richiesta di riesame dei fatti e delle valutazioni di merito già affrontati nei precedenti gradi di giudizio. Come previsto dall’art. 13, comma 1-quater del D.P.R. n. 115/2002, la Corte ha disposto il pagamento di un ulteriore contributo unificato pari a quello già versato, oltre alla condanna alle spese in favore dell’INPS.
In conclusione, questa ordinanza ribadisce che nei procedimenti complessi ogni soggetto coinvolto risponde degli atti riconducibili alla propria funzione, anche in presenza di un controllo gerarchico. La responsabilità non può essere elusa facendo leva sulla natura meramente esecutiva delle attività svolte, se queste incidono direttamente sull’esito del procedimento. La pronuncia rappresenta dunque un importante chiarimento in tema di responsabilità procedimentale e disciplinare nel pubblico impiego.
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