Buoni pasto ai lavoratori turnisti: la Cassazione conferma il diritto
Il tema del diritto ai buoni pasto per i dipendenti del comparto sanitario continua a generare contenziosi, specie per il personale turnista che per motivi di orario non riesce ad accedere al servizio mensa.
La questione ruota attorno all’interpretazione delle norme contrattuali e legislative che regolano il diritto alla pausa e alla fruizione dei pasti durante il servizio. La recente pronuncia della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, firmata il 3 giugno 2025 e pubblicata il 17.9.2025 (n. 2786/2025, ricorso n. 23746/2022) ha fornito ulteriori chiarimenti, consolidando un orientamento già espresso in precedenti decisioni.
Il quadro normativo di riferimento è costituito, in particolare, dall’articolo 29 del CCNL Comparto Sanità del 2001, dall’articolo 33 del DPR 270/1987 e dall’articolo 8 del D.L. 66/2003, che disciplinano rispettivamente il diritto alla mensa e la pausa lavorativa per prestazioni eccedenti le sei ore.
Il caso: lavoro su turni e impossibilità di accesso alla mensa
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un gruppo di infermieri professionali turnisti dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Messina. I lavoratori lamentavano la mancata erogazione del servizio mensa o del buono pasto sostitutivo, previsto solo per il personale non turnista con rientro pomeridiano. Il Tribunale di primo grado aveva riconosciuto tale diritto, ritenendo che l’impossibilità di accedere alla mensa, dovuta all’organizzazione dei turni, non potesse comportare la perdita del beneficio.
La Corte d’Appello, confermando la decisione, aveva chiarito che i buoni pasto spettano ogniqualvolta il dipendente presti servizio oltre le sei ore e non possa usufruire della mensa per ragioni legate alla struttura dell’orario di lavoro. Il diritto, dunque, non decade, ma si trasferisce nella forma sostitutiva del ticket, strumento volto a garantire il benessere del lavoratore e la continuità del servizio.
L’Azienda sanitaria, non condividendo l’interpretazione, ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che il diritto alla pausa e al buono pasto non potesse essere riconosciuto indistintamente a tutti i turnisti, ma solo a quelli che, pur avendo orari continuativi, fossero nelle condizioni di effettuare una pausa intermedia.
La decisione della Cassazione: diritto con almeno sei ore di lavoro
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo infondate le censure mosse dall’ente.
I giudici hanno richiamato un orientamento consolidato (tra cui Cass. n. 22478/2024, Cass. n. 32113/2022, Cass. n. 5547/2021), secondo cui l’attribuzione del buono pasto ha natura di agevolazione assistenziale diretta a conciliare le esigenze del servizio con il benessere fisico dei dipendenti.
La Cassazione ha ribadito che il diritto al ticket è connesso all’orario di lavoro giornaliero che superi le sei ore, indipendentemente dal carattere turnista o meno del dipendente.
L’impossibilità di accedere al servizio mensa non elimina il diritto, ma lo trasforma in una prestazione sostitutiva, proprio per garantire che tutti i lavoratori, senza distinzioni, possano fruire di un intervallo non lavorato, come previsto dalle disposizioni legislative e contrattuali.
Pertanto, la sentenza impugnata è stata confermata e l’Azienda Sanitaria è stata condannata al rimborso delle somme dovute, oltre alle spese legali quantificate in 8.000 euro, oltre accessori di legge.
La decisione rafforza il principio per cui il buono pasto non rappresenta un beneficio di carattere economico aggiuntivo, ma una misura funzionale al corretto svolgimento della prestazione lavorativa e alla tutela della salute dei lavoratori.